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Monte San Martino 1085 m - 25.04.2010
  

 

Appuntamento a Marchirolo, da Marino, alle h 7:45. Da qui passiamo a prendere Giancarlo, che oggi si unisce a noi per un’escursione al Monte San Martino (1085 m), e ci dirigiamo verso Cassano Valcuvia (296m) dove arriviamo verso le h 8:25. Lasciata la macchina, fuori dall’abitato, imbocchiamo la strada lastricata che inizia subito a salire in modo considerevole. Non ci sono nuvole, fa caldo e tutto è avvolto da una leggera foschia. I faggi sono ricoperti di foglie che, da poco germogliate, hanno un colore verde ramarro ed il sottobosco è pieno di fiori. Il monte, caratterizzato da particolari fenomeni carsici che hanno dato origine ad una delle caverne più importanti della regione, la grotta di San Martino, è da sempre stato considerato anche come un luogo di culto: si dice che i Celti sulla sua cima eressero un luogo sacro dedicato a Taranis, dio dei tuoni e che verso la fine del 200 d.C., il romano Publio Novellio Crescente, edificò un tempio o un’ara, probabilmente in onore di Giove, come attesta una lapide ancora oggi visibile all’interno della Chiesa. Verso il 500 d.C., il tempio da pagano diventò cristiano, e fu dedicato a San Martino di Tours, la cui fama di santità si era diffusa anche in Italia e dal quale deriva il nome del monte. Lungo le sue pendici sono ancora presenti le fortificazioni della Linea Cadorna (1911-1916), che, costruita a ridosso del confine svizzero, doveva difendere l’Italia da un eventuale invasione da parte degli eserciti austro–germanici. Il Monte San Martino è ricordato soprattutto per un episodio che si svolse durante la Seconda Guerra Mondiale: la battaglia del San Martino. Dopo la firma dell’armistizio ad opera del generale Badoglio (8 settembre 1943), il colonnello Carlo Croce, rendendosi conto che ciò avrebbe comportato l'occupazione tedesca del territorio italiano, costituì una delle prime formazioni partigiane lombarde, il Gruppo Militare Cinque Giornate Monte di San Martino di Vallata-Varese, che si insediò nelle fortificazioni della Linea Cadorna del San Martino. Composto da 150 unità, ottenne il sostegno del Comitato di Liberazione Nazionale di Varese e di buona parte della popolazione dei paesi sottostanti. Resosi conto che l’azione partigiana poteva costituire una seria minaccia, “il 13 novembre il comando tedesco decretò lo stato d'assedio: tutti gli esercizi pubblici furono chiusi fino a nuovo ordine, fu bloccata l'uscita dei quotidiani e, con la collaborazione di carabinieri e della milizia fascista, si diede inizio al rastrellamento della popolazione residente alle pendici del monte. Fra il 15 e il 18 novembre, centinaia di uomini e donne furono catturati in tutti i paesi della valle, specialmente a Rancio Valcuvia. Il colonnello Carlo Croce e i suoi uomini, il 15 novembre, iniziarono a disturbare l'arrivo della pattuglie nemiche, bloccando le strade per Mesenzana, Arcumeggia e Duno. In quello stesso giorno arrivò la risposta tedesca con un attacco della Luftwaffe che sottopose a un durissimo bombardamento le postazioni arroccate sulla montagna. Dopo aver fatto prigionieri sei partigiani, tedeschi e fascisti attaccarono il resto della formazione con armi di ogni tipo. Parecchi ragazzi, terrorizzati dalla ferocia della lotta, abbandonarono le loro postazioni in cerca di una via di fuga. Alcuni furono catturati dai tedeschi e con gli altri partigiani fatti prigionieri nel corso della battaglia, furono fucilati il giorno successivo dopo interrogatori e sevizie di ogni genere. L’arrivo dell’oscurità costrinse i tedeschi a sospendere ogni azione, permettendo così ai partigiani di ricompattarsi, distruggere i materiali rimasti, occludere gli accessi alle gallerie e organizzare la fuga verso la Svizzera, che raggiunsero all’alba del 16 novembre. I tedeschi nel pomeriggio del 18 novembre 1943, rasero al suolo l’ex caserma danneggiata dai bombardamenti e, senza alcuna giustificazione, anche l’Oratorio di S.Martino. Nei mesi successivi, alcuni uomini, fra cui il colonnello Carlo Croce, rientrarono dalla Confederazione, cercando di unirsi ad altri gruppi combattenti: il colonnello fu catturato all'Alpe Painale, presso Sondrio. Morì il 24 luglio 1944 all'ospedale di Bergamo presso il comando tedesco, in seguito alle torture inflittegli dalle SS”. (fonte Wikipedia).
Un Sacrario a ricordo di questi eventi, sorge in prossimità della cima del monte. Composto da una cripta che conserva le salme dei partigiani e da una stele in cemento di 12 metri che ne ricorda le gesta, fu progettata dall’architetto Pietro Scurati Manzoni di Milano ed inaugurata il 13 ottobre del 1963.
La strada sale senza tregua, per poi arrivare in una radura delimitata da un’enorme falesia, il Sasso Cadrega (622 m) e continuare fino a giungere in località Vallalta (831 m), dove i ruderi di Villa San Giuseppe, ex Caserma Cadorna, una lapide ed un pannello esplicativo, con le foto dei partigiani prima di essere fucilati, ricordano la Battaglia del San Martino.  Continuiamo a salire fino a raggiungere una seconda falesia, che attraversiamo con cautela. Dal sentiero messo da poco in sicurezza, gli squarci che si aprono sulle valli sottostanti sono molto suggestivi. Peccato che la foschia non ci permette di vedere lontano. Dopo un ultimo tratto in pineta, intravediamo la chiesa di San Martino (1085 m), e quindi la cima della montagna, dove arriviamo passando prima dal Sacrario che sorge appena sotto di essa. Ci fermiamo a mangiare adagiati alla parete della chiesa osservando il panorama che si apre davanti a noi: a Sud il massiccio di Campo dei Fiori (1227 m), il Poncione di Ganna (993 m), la Martica (1032 m) ed il Monte Chiusarella (915 m). Verso Est il Lago di Lugano con le Prealpi svizzere ed il Monte Generoso (1701 m) e poi il Lago di Como, il Legnone (2609 m), le Alpi Orobiche ed i ghiacciai della media Valtellina. A Nord la vista scende a picco sulla Valtravaglia, su Germignaga, Luino e la parte settentrionale del Lago Maggiore con i monti che fanno da sfondo a questo paesaggio prettamente alpino. In primo piano troviamo il Monte Lema (1620 m), il Monte Gradicioli (1940 m) ed il Monte Tamaro (1961 m). Ad Ovest il Monte Zeda (2156 m), il Pizzo Marona (2051 m), il Limidario (2188 m) e poi la catena del Monte Rosa (4634 m) e ancora più in là fino a raggiungere il Monviso (3841 m). Nelle giornate ventose è possibile osservare, oltre la Pianura Padana, l’Appennino ligure-tosco-emiliano. Fa molto caldo, il termometro segna 34°C ed è piacevole starsene al sole. Dopo un gustoso caffè e qualche foto ci rimettiamo in cammino raggiungendo in breve la macchina. Per le bellezze naturalistiche dei luoghi e per il forte respiro della storia che ancora si sente tra i ruderi di queste montagne, abbiamo trovato questa escursione veramente interessante.